Incarichi professionali svolti

URBANISTICA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

Piani regolatori generali comunali in diversi comuni del territorio regionale, tra i quali: Sauris dal 1970 al 1976 – Ovaro (con altri) dal 1975 al 1994 – Gemona del Friuli dal 1976 ad 2011 – Artegna dal 1976 al 2012 – Venzone dal 1977 al 1991 – Torviscosa (con altri) dal 1983 al 2009 – Gradisca d’Isonzo dal 1996 al 2004.

Piani di lottizzazione, Piani per l’edilizia economica popolare, Piani per insediamenti produttivi, in altrettanti comuni e in tempi corrispondenti.

Piani di ripristino ambientale e tipologico e di riqualificazione urbana nei comuni di: Sauris, centri storici di Sauris di sopra e di sotto [incarico della Regione FVG] nel 1974 – Zuglio Carnico, centri storici di Zuglio e Formeaso e zone archeologiche annesse [incarico della Regione FVG] nel 1975 (lavoro interrotto dal terremoto del 6 maggio 1976) – Chiusaforte, via Campolaro e via Roma, nel 1986 – Nimis, borghi montani, nel 2008.

Piani particolareggiati di ricostruzione dei centri storici e dei nuclei urbani minori di Gemona del Friuli e di Artegna, dopo il terremoto del 1976.

Piani particolareggiati di ristrutturazione della SS 13 Pontebbana [con la creazione di corsie laterali per la separazione del traffico e il raggruppamento degli accessi] nei tratti relativi ai comuni di Gemona del Friuli nel 1980, di Artegna nel 1990 e di Cassacco nel 1992 (piani approvati ma non attuati).

Proposta di variante della SS 13 Pontebbana nel tratto km 139-141 per l’attraversamento del centro abitato di Tricesimo in galleria (cfr. Quaderni del Club Rosselli, Udine 1991).

EDILIZIA PUBBLICA

Teatro e impianti per servizi complementari del turismo a Tarcento nel 1970-1974 (progetto approvato in tre successive versioni ma non realizzato per insufficienza di finanziamento) – Ampliamento del vecchio ospedale civile a Monfalcone (con altri) nel 1975 – Ampliamento della scuola elementare a Torviscosa (con altri) nel 1977 – Ricostruzione, a seguito del terremoto del 1976, delle aree centrali del capoluogo e di Ospedaletto (comprese le parti vincolate dalla L.1089/1939/via Bini) a Gemona del Friuli – Sempre a Gemona del Friuli, dopo il terremoto, Ricostruzione (con altri) del Cinema-Teatro, del Municipio, del Palazzo degli Uffici comunali, del Palazzo degli Uffici finanziari, del Palazzo Elti (centro civico, culturale, museo-pinacoteca-biblioteca) e Ampliamento del Palazzo Botòn – Ad Artegna, dopo il terremoto, Ricostruzione dei principali ambiti centrali del capoluogo – A Gradisca d’Isonzo Ristrutturazione (con altri) di Palazzo Maccari (biblioteca comunale) nel 2005 (opera tuttora in corso di realizzazione a causa di un fallimento d’impresa e di una nuova aggiudicazione).

Alla ricostruzione del Cinema Teatro è stato dedicato il n. 25/1993 dalla rivista di architettura Bauwelt.

EDILIZIA PRIVATA

Edilizia residenziale e uffici a Udine, Tarcento, Tricesimo, Gemona del Friuli, Fagagna, dal 1966 in poi – A Bella [Potenza], a seguito del terremoto del 1980, Ricostruzione (con altri) di un ambito centrale del capoluogo – A Tarcento Trasferimento, ricostruzione e restauro (con altri) del portale di palazzo Frangipane nel 1995.

PARTECIPAZIONE POLITICA

Consigliere provinciale del PSI a Udine (per il collegio di Tarcento) nel turno elettorale 1975- 1980. – Parentesi di iscrizione al PCI (cooptato nel Federale della Federazione di Udine, membro del Gruppo Interdisciplinare Centrale della Regione Friuli Venezia Giulia per la ricostruzione delle zone terremotate, presidente del Comitato Tecnico Regionale per l’esame dei piani comprensoriali di ricostruzione) – Consigliere comunale del PSI a Tricesimo (capogruppo) nella tornata 1990-1995.

Pubblicazioni

SAGGISTICA

Il traforo di Monte Croce Carnico, Contributo alla soluzione dei problemi interni ed esterni della regione Friuli Venezia Giulia, Del Bianco Editore, Udine 1968 (con A. Amodeo, G.B. Carulli e F. Santorini dell’Università di Trieste)

La pietra piacentina, Identità, possibilità e idoneità della pietra piasentina, Del Bianco Editore, Udine 1968 (con G.B. Carulli e R. Onofri dell’Università di Trieste)

Le valli del Natisone, Rapporto antropogeografico (con la documentazione fotografica di Riccardo Toffoletti), Soriano Tip., Udine 1968

Ipotesi di assetto territoriale per il settore centrale delle Prealpi Giulie, Arti Grafiche Friulane Tip., Udine 1970

Le quattro città regionali, in “Atti dei seminari di Aquileia, Piancavallo, Gorizia, Muggia”, Istituto Nazionale di Urbanistica, Sezione regionale del Friuli-Venezia Giulia, 1971

Sulle Comunità Montane del Friuli Venezia Giulia, ISTE, Pordenone 1972

Per un nuovo modello di sviluppo, Analisi e proposte preliminari ai Piani pluriennali di sviluppo delle Comunità Montane della Carnia e Canal del Ferro-Val Canale, IFRES, Udine 1975

Gemona del Friuli, Appunti per una ricostruzione, Doretti Tip., Udine 1976

I centri storici di Sauris, Ricerca di identità e ipotesi di sopravvivenza per una comunità emarginata della Carnia, Marsilio Editori, Venezia 1977

Friuli dopo il terremoto (…), Fisica e metafisica di una ricostruzione, Marsilio Editori, Venezia 1978

Dalla Magnifica Comunità alla Nuova Confederazione, in “Gemona, Un recupero di storia/una prospettiva del futuro”, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, Udine 1980

Autostrada e territorio, in “Enciclopedia Del Friuli Venezia Giulia”, Udine 1986 (Aggiornamenti 1978-1986)

Friuli rimpianto immaginato e ricostruito, Antinomie e contraddizioni di un processo, in Rassegna Tecnica del Friuli Venezia Giulia n. 5/1988 e in Udine Economica, mensile di economia e cultura, del novembre 1988

La ricostruzione possibile, La ricostruzione nel centro storico di Gemona del Friuli dopo il terremoto del 1976, Marsilio Editori, Venezia 1988 (introduzione di Francesco Tentori)

Strada Statale Pontebbana nel tratto Udine-Artegna, Ipotesi di adeguamento funzionale, valutazioni e confronti, Quaderni del Club Rosselli, Udine 1991

Das neue Theater von Gemona, in “Bauwelt”, n. 25/1993

La condizione postuma del paesaggio, in “Tarcint e valadis de Tôr”, Societât Filologjiche Furlane, Udine 1996 (in occasione del 73° Congresso)

Un evento da strappare all’oblio, in “La forza di rinascere, Gemona del Friuli 1976-2001”, LaNuovaBase Editrice, Udine 2001

Terre mobili, Dal Belice al Friuli, dall’Umbria all’Abruzzo, Donzelli Editore, Roma 2009 (introduzione di Guido Crainz)

Rimozione e invenzione, in “Abruzzo contemporaneo”, n. 34-35/2009, Rivista di storia e scienze sociali, Istituto Abruzzese per la Storia […] dell’Italia contemporanea, Editpress, L’Aquila 2010.

Non quando ma come, in “Macramè” n. 4/2010-2011, [L’emergenza nel governo del territorio], facoltà di architettura di Firenze/dottorato in progettazione urbanistica e territoriale (dispensa)

Delineare azioni di sviluppo per garantire la rinascita (e relativa intervista), Atti del convegno “L’Aquila dov’era com’era […]” del 19 novembre 2009, (L’Aquila: ricostruzione e rinascita, Abruzzo in movimento), I Quaderni, L’Aquila 2011

Il paesaggio come metafora, in “Cultura, territorio e pubblico in Friuli dagli anni Cinquanta alla fine del Novecento”, Kappa Vu, Udine 2012.

Autobiografia di una ricostruzione, il modello Gemona Magnifica Comunità, Centro Studi Accademia, Gemona del Friuli 2016 (introduzione di Guido Crainz)

Cosa si può ancora dire (e ridire) sul modello Friuli, in “Il Modello Friuli di ricostruzione” (a cura di Sandro Fabbro), Forum 2017

Ivano Benvenuti, un Sindaco nella storia, LaNuovaBaseEditrice, Udine 2019.

Articoli su riviste locali (Pignarûl [numeri unici degli anni 1969, 70, 72, 78, 88, 90, 91, 92, 93, 08, 09, 12, 13, 15]) – La Panarie [numeri162-163/2009, 168-169 e 171/2011, 173/2012, 180/2014) e quotidiani (l’Unità del 9 maggio 1979 e 1980, del 15 luglio 1979 e dell’11 luglio 1980).

Sul mio lavoro a Gemona Toni Capuozzo ha dedicato un servizio sul n. 21/1984 della rivista PM (Arnoldo Mondadori editore).

NARRATIVA

Il disegno nella parete, LaNuovaBase Editrice, Udine 1994

Il giorno delle mongolfiere, LaNuovaBase Editrice, Udine 1997 (risvolto di copertina di Guido Cainz)

Il monte di Saturno, LaNuovaBase Editrice, Udine 1999 (risvolto di copertina di Mario Turello)

Comunicato clandestino, LaNuovaBase Editrice, Udine 2000 (quarta di copertina di Ezio Pellizer)

Il conservatore di paesaggi, Mobydick, Faenza 2004 (risvolto di copertina di Guido Leotta)

Torviscosa, in “Friuli d’Autore n. 31 [Poeti e prosatori d’oggi]”, Collana del Messaggero Veneto 2004

Il tallero di Günzburg, Mobydick, Faenza 2006 (postfazione di Licio Damiani e risvolto di copertina di Guido Leotta) [Il tallero di Günzburg è stato oggetto di una lettura d’arte l’11.01.2020 nel corso dell’iniziativa “Il Friuli, protagonisti ed eventi” a cura dell’Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte]

Racconto friulano, LaNuovaBase Editrice, Udine 2008 (risvolto e terza di copertina di Maria Carminati) [Menzione particolare al Premio Letterario Latisana per il Nord-Est, Latisana (Udine) 2008, e Segnalazione al Premio Letterario Biennale Caterina Percoto, 2008, Manzano (Udine)]

Premiata Impresa Paradiso, Kappa Vu, Udine 2012 (note a margine di Marina Giovannelli e risvolto di copertina di Mario Turello)

Servitore di compagnia, Kappa Vu, Udine 2016 (postfazione e quarta di copertina di Mario Turello)

A nordest di nordest, Kappa Vu, Udine 2019 (postfazione e quarta di copertina di Mario Turello e note a margine di Marina Giovannelli).

Partecipazione a convegni

Roma 21 maggio 1988: Friuli rimpianto, Friuli immaginato, Friuli ricostruito: le condizioni di un processo, ALEF, circolo culturale friulano.

[…] Dopo slogan velleitari e impossibili, come “facciamo da soli” o “dalle tende alle case”, la parola d’ordine che i politici raccolsero quale rimedio alla sindrome destabilizzante del tutto perduto fu “dov’era com’era”. La trasformarono nel surrogato di un vero e proprio programma di intervento e divenne lo scongiuro dei sinistrati contro la paura di rimanere sopraffatti da trasformazioni incontrollabili. “dov’era com’era” raffigurò il congelamento rassicurante del fantasma patrimoniale, unico riferimento probante di fronte ad una rappresentazione catastale resa muta dalla catastrofe. […]

Treviso (Asolo) 23 settembre 1988: Recupero edilizio nelle zone sismiche, a cura dell’Ordine degli architetti della Provincia di Treviso.

[…] Il tema era mosso dalla constatazione statistica di un ritardo sismico della zona, e quindi dalla volontà di prepararsi all’evento, interrogandosi sul Veneto da rimpiangere e da immaginare per farlo rinascere. Una risposta disincantata e democratica a questi quesiti eviterebbe sicuramente buona parte degli aspetti penosi di ogni seguito di calamità. Anticipare una determinazione razionale condivisa eviterebbe la trappola fuorviante di suggestioni personalistiche e di incolmabili nostalgie, estremi contrapposti e perversi della realtà sospesa che accompagna un sisma distruttivo. […]

Udine 1, 2, 3 luglio 1993, Gemona 1, luglio 1993: Europan seminario, Città ricostruite, ricomposizione sociale e ricostruzione urbana.

[…] Sottolineo l’interesse del caso friulano perché il territorio colpito non fu quello metropolitano, ma quello minore dei piccoli centri (10-12 mila abitanti), e quindi fornisce una documentazioni inedita nella storia delle ricostruzioni (sempre limitata alle capitali urbane), essendo poi anche l’unica arrivata alla fine delle molte tentate dal ‘62 in Irpinia, al ‘68 un Sicilia, al 1980 di nuovo nelle regioni meridionali. E in soli dieci anni, e con un rendiconto economico trasparente. […]

Fabriano 24 gennaio 1998: Costruire la ricostruzione, Seminario sulla ricostruzione delle aree terremotate di Marche e Umbria, a cura del Politecnico di Milano.

[…] Pur non mancando preventivi spunti polemici e preoccupazioni, qui l’intenzione si è subito manifestata nella volontà di ricostruire “dov’era com’era”, rieditando lo slogan che ha reso famosa l’esperienza friulana, richiamando esplicitamente il Modello Friuli anche nei suoi corollari, dimostrando l’esportabilità di un modello collaudato da una regione all’altra, previo adattamento alla diversa realtà e, in questo caso, migliorandolo anche. […]

Treviso 18 novembre 1999: Edifici in muratura e azioni sismiche, a cura dell’Ordine degli architetti e Ordine degli ingegneri della Provincia di Treviso.

[…] L’avvio istituzionale di una elaborazione dell’esperienza da cui attingere criteri per indirizzare i comportamenti singoli e collettivi, e affrontare i processi di ricostruzione dal punto avanzato a cui altri, prima, li abbiano faticosamente portati, potrebbe assumere le caratteristiche di un vero e proprio patto politico-tecnico, diventare l’idea guida (specifica luogo per luogo) capace di spingere una ricostruzione a obiettivi ideali e a non ridursi alla ricostruzione stessa. […]

Gemona del Friuli 30 marzo 2001: I Piani comprensoriali di ricostruzione (XXV del terremoto), a cura dell’Associazione dei sindaci della ricostruzione del Friuli terremotato.

Bergamo 14 novembre 2009: Sulla ricostruzione dell’Aquila, a cura di Rifondazione comunista (Sezioni di Bergamo e di Pescara).

[…] In Abruzzo siamo davanti a un piano fallito. Il mio libro, Terre mobili (Donzelli editore, Roma 2009) è nato dallo sconcerto di vedere scelte che tornavano a metodi ancor più scombinati di quelli seguiti agli eventi calamitosi degli anni Sessanta, del Vajont e del Belice. Lo Stato avocava a sé ogni decisione, diceva No agli alloggi provvisori, No alla partecipazione, e avvolgeva il progetto nell’aura allucinante di un miracolo (mai realizzato), barattando il ripristino della città con la costruzione ex novo di 19 pezzi di periferia. […]

L’Aquila 19 novembre 2009: L’Aquila dov’era com’era, La ricostruzione possibile, (a cura della vicepresidenza del consiglio regionale) a partire dalla presentazione del libro Terre mobili di Giovanni Pietro Nimis (Donzelli editore, Roma 2009).

[…] A L’Aquila viene rimosso ogni esempio virtuoso per avventurarsi in una operazione urbanistica (costruire nuovi quartieri nella cintura urbana condizionando in modo distorto il futuro della città), mentre il piano di ricostruzione andrebbe letto nella filigrana dell’impianto preesistente, e dovrebbe essere assunto come riferimento irrinunciabile. Un compito massimamente realistico, non sublimabile nelle forme autoreferenziali dell’approccio creativo. […]

L’Aquila 23 aprile 2010: Le parole come pietre, Giornata del libro, Unesco, a cura dell’Università degli studi dell’Aquila, facoltà di lettere e filosofia.

[…] A L’Aquila le parole, finora, hanno parlato di altro (rispetto alla ricostruzione), le pietre sono rimaste pietre e le immagini rimangono ancora confuse e contraddittorie. D’altro canto il mondo degli intellettuali, a parte le incalzanti riflessioni dei colleghi del Comitatus Aquilanus e gli interventi prodotti al convegno del novembre 2009, non ha dato contributi significativi. La mia tesi è minimalista. Il dopo terremoto non offre condizioni favorevoli a grandi rivoluzioni. […]

Faenza 30 novembre 2010: Pianificazione urbanistica e sicurezza territoriale (corso per tecnici comunali, a cura del Centro Provinciale di Formazione Professionale).

Come il convegno a cui ho partecipato a Treviso (23 settembre 1988), si tratta di un’iniziativa preventiva rispetto a un fenomeno sismico statisticamente probabile.

[…] C’è da insistere ancora nella richiesta della formazione di una categoria epistemologica concernente una vera e propria “scienza della ricostruzione”, ovvero una specifica disciplina distinta dai rispettivi normali magisteri dell’urbanistica, dell’architettura, dell’ingegneria, dell’economia e della sociologia… E c’è da chiedersi anche perché non sia stato ancora definito il protocollo di un collaudato approccio politico al problema, quanto mai urgente in un Paese dove il rischio sismico interessa tra quarti del territorio nazionale e la metà della popolazione (con un costo assai rilevante ogni anno) […]

Gorizia 27 marzo 2011: 1511, Alle radici del terremoti del FVG, a cura dell’Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia.

[…] Tuttavia non ci sono catastrofi che si dimentichino più in fretta dei terremoti, attivandosi subito delle grandi rimozioni. Rimozioni istintive (individuali e collettive) concernenti il rifiuto di sapere che la terra possa aprirsi sotto i nostri piedi, e rimozioni istituzionali che si manifestano nel disimpegno della politica rispetto alla elaborazione sistematica di metodi e di strategie basate sulla cumulabilità delle esperienze. […]

Udine 14 aprile 2011: Tavola rotonda sul libro di Francesco Erbani “Il Disastro”, Laterza, Roma-Bari 2010, a cura dell’Università degli studi di Udine.

[…] Quello di Erbani, “Il Disastro”, è un libro che fa coppia col mio, “Terre mobili”, sull’improbabile approccio alla ricostruzione dell’Aquila, bloccata in un’operazione aberrante non solo sotto il profilo della disciplina urbanistica ma anche dell’esperienza, poiché non solo si spezza la debolissima, precaria, catena di alcuni rimedi spontaneamente consolidati (come gli alloggi provvisori), ma addirittura si inverte la marcia per finire nel buio più assoluto.… Eppure se ne dovrà uscire in qualche modo, non essendo pensabile che un patrimonio di volontà e di ragione non farà ritrovare a L’Aquila quell’energia che l’ha ricostruita così tante volte nella sua storia. Le speranze degli aquilani, però, sono ridotte ad una proposta di legge di iniziativa popolare per stabilire dei punti (che dovrebbero essere scontati), come la partecipazione nelle scelte; l’attività della Protezione Civile limitata all’ambito istituzionale proprio e non esorbitante su tutto; la definizione delle strategie; la legalità, mediante la trasparenza della spesa, il controllo e l’informazione; lo sviluppo economico e sociale; la salvaguardia dell’identità, attraverso il recupero del patrimonio storico, artistico e culturale del territorio. […]

Padova 18 aprile 2011: Convegno a cura dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Padova sul libro “Terre mobili, Dal Belice al Friuli, dall’Umbria all’Abruzzo” di Giovanni Pietro Nimis (Donzelli Editore, Roma 2009).

[…] È l’occasione adatta per riprendere il discorso sul perché non sia stata ancora delineata la base di una categoria epistemologica concernente “una vera e propria scienza delle ricostruzione”. Una disciplina specifica, distinta dai rispettivi magisteri dell’ingegneria, dell’architettura, dell’urbanistica, dell’economia e della sociologia… e che rifletta la multidisciplinarietà dell’approccio al complesso processo del depo-catastrofe, dove ho potuto constatare io stesso come la competenza del mio corso di studi fosse l’ultima delle prerogative utili in quel frangente, quando l’unico obiettivo urgente era quello di interpretare il sentimento lievitante nella popolazione colpita e tutte le sue contraddizioni… e di sapere che il vero capolavoro da compiere era quello – e solo quello – di ricucire il passato ad un presente divenuto all’improvviso inesistente. […]

Udine 28 febbraio 2013: Cultura, territorio e pubblico in Friuli dagli anni Cinquanta alla fine del Novecento, a cura dell’associazione udinese “Adastra cultura”.

[…] Ho anticipato in esordio che alla fine mi sarei contraddetto: che avrei avanzato un’ipotesi di Rinascimento (del paesaggio). Ecco che cosa intendevo: che i nuovi barbari (per usare l’efficace espressione di Alessandro Baricco) possano laciarci in eredità una nuova estetica, un diverso modello di lettura, un modo di guardare la realtà con altri schemi, diversi da quelli istituzionali, riallineando gli aspetti incoerenti del degrado di una società divenuta, via via, stanca, depressa, eccitata, liquida e incerta… Propongo che invece di vedere un mondo saccheggiato dai barbari si cominci a credere che, superata la soglia della confusione, potrebbe apparire il segno di un nuovo archetipo estetico. Espongo il concetto in un altro modo. Fino alla constatazione della condizione postuma del paesaggio abbiamo ragionato nel quadro della “legge universale della decadenza” (per cui quanto più una cosa si allontana dall’origine, tanto più si indebolisce e degrada: un parallelo perfetto del “secondo principio della termodinamica” per cui in un sistema, l’entropia – il disordine delle molecole – nel tempo è sempre crescente. Ora invece si tratta di prendere atto del fatto che Ilya Prigogine, nobel della chimica 1977, ha rovesciato il senso negativo di questo fondamentale principio dimostrando che “un sistema aperto” (e il territorio è un sistema apertissimo), raggiunto un certo grado di disordine, può all’improvviso trasformarsi in un sistema splendidamente ordinato. Insomma, attraverso casuali discontinuità (fluttuazioni secondo la biologia neodarwiniana). E così anche il caos del paesaggio potrà combinarsi in una forma coerente, e godere del senso possibile di una nuova percezione […]

Udine 04 maggio 2016: Il modello Friuli della ricostruzione post-terremoto, Exemplum o Unicum irripetibile?, Seminario didattico preso l’Università degli studi di Udine (Dipartimento di ingegneria e architettura).

[…] La legge 546 dell’agosto 1977, per la ricostruzione del Friuli, costituisce una svolta di rilevo nazionale. Lo Stato garantisce il finanziamento e si ritira dal campo operativo. E’ il segreto del successo friulano, dovuto soprattutto alla rinuncia dello Stato a svolgere un ruolo decisionale e all’allontanamento dei suoi apparati dal luogo della catastrofe. E’ stata una rivoluzione copernicana: allo Stato il compito di garantire i finanziamenti, alla Regione l’impegno di fissarne i criteri di distribuzione ai sinistrati, e ai Comuni la responsabilità delle decisioni. I risvolti negativi della ricostruzione friulana più significativi sono quelli dovuti ad un approccio acritico allo stato di fatto del miracolo economico, e del boom edilizio antecedente al 1976 e, conseguentemente, all’assunzione del territorio come entità omogenea, equipotenziale. Tutto è stato ricostruito con la medesima urgenza, senza distinguere adeguatamente i centri ricchi di stratificazioni storiche, culturali ed economiche, dalle urbanizzazioni recenti della disseminazione edilizia e della disordinata disgregazione dell’agricoltura. Si tratta di un vero e proprio rovesciamento della prassi. Viene rivoltata la piramide tradizionale: una sorta di principio di sussidiarietà ribaltato. Lo Stato (il massimo livello) mette i soldi e delega tutto alla Regione. La Regione (il livello intermedio) coinvolge i Comuni cedendo decentramento e autonomia, I Comuni per reggere l’improvvisa responsabilità inaugurano una stagione di grande partecipazione popolare… Proprio in questo capovolgimento consiste il Modello Friuli del quale, ovviamente, fanno parte tante altre cose: la creazione della Protezione Civile, la soluzione dei prefabbricati temporanei, l’investitura dei sindaci, la Segreteria generale straordinaria (per avvicinare la burocrazia al territorio), il Gruppo interdisciplinare centrale (per la formazione dei documenti tecnici)… Fanno parte del Modello Friuli anche gli slogan che, come una canzone, hanno accompagnato la musica della rinascita: da quelli delle prime illusioni (“facciamo da soli”) stroncati dalla scossa dell’11 settembre, a quelli programmatici (“prima le fabbriche, poi le case e infine chiese”), alla consolatoria finale (“dov’era com’era”), il filtro magico del nostro successo, l’intima sintesi del Modello Friuli […]

[…] Il Modello Friuli è tuttora replicabile in situazioni analoghe post catastrofiche? Certamente sì per quanto concerne la presenza discreta dello Stato, la delega dei poteri alla Regione, l’autonomia dei Comuni e la partecipazione popolare; non può esserlo invece per quanto attiene al finanziamento pressoché illimitato di cui abbiamo goduto, che ci ha permesso di ricostruire l’irricostruibile, di riparare l’irriparabile, di soddisfare in assoluto il principio “dov’era com’era” (e non è detto che sia stato un bene perché ci è costato la rinuncia a tentare qualsiasi forma di risanamento urbanistico nelle aree esterne della disseminazione edilizia… e il gusto di perdersi nel labirinto di qualsiasi astrazione […]

Gemona 8 ottobre 2016: I tecnici della ricostruzione.

[…] Come ricostruire è il quesito ricorrente che segue ad ogni terremoto in un Paese come il nostro, dove non si è ancora provveduto a stabilire un protocollo generale e definitivo (e vincolante) di approccio ad dopo catastrofi. Le diaspore, gli abbandoni, gli esodi… li provocano le guerre, le carestie, gli squilibri economici, non i terremoti (salvo trasferimenti temporanei per superare l’inverno in attesa dei moduli abitativi provvisori). Non spostare i paesi, ripristinarla prassi antica (di quando le città colpite da eventi naturali risorgevano su se stesse), è un teorema che quaranta anni fa – in Friuli – ha avuto la sua moderna, efficace, dimostrazione (La ricostruzione friulana è tuttora l’unica ultimata e rendicontata). Tanto che ora, “Dov’era com’era”, quale sintesi estrema del Modello Friuli (nel bene e nel male), dopo tutti i terremoti seguiti nel Paese, può essere assunto come un postulato, e specialmente dove sia forte il bisogno identitario dei luoghi e delle comunità. (Non è neppure una novità: Già i piani di ricostruzione del secondo conflitto mondiale erano improntati a questo principio contro le grandi distruzioni che si annunciavano per mano della speculazione edilizia. Basti ricordare i movimenti di opinione degli anni Cinquanta che portarono alla Carta di Gubbio nel 1960 con l’auspicio che la salvaguardia riservata agli edifici monumentali fosse estesa tutto l’edificato in quanto portatore di valori ambientali) […]

Questo non vuol dire negare l’urgenza di rigenerare il territorio, di prendere atto dei grandi cambiamenti socioeconomici che siano intercorsi nel tempo tra aree di sviluppo e aree obsolete. Tuttavia significa comprendere che non è la catastrofe l’occasione propizia per fare le trasformazioni che non si sono sapute farebbe tempi normali. E che bisogna ripristinare la normalità prima di cimentarsi con esse. “dov’era com’era” è un vincolo etico-estetico salvifico contro le invenzioni irresponsabili (Belice ’68) e le scorciatoie imprudenti (L’Aquila ’09). Ed è anche una consolatoria per la sindrome del tutto perduto. Ed è pure una formula politicamente stabilizzante. In Friuli è stata subito accolta come surrogato di un vero e proprio programma di governo […]

Rieti 9 dicembre 2016: Dov’era com’era, Incontro con l’Ordine degli Architetti della Provincia di Ascoli Piceno e con il Coordinamento degli Ordini Provinciali degli Architetti di Ascoli Piceno, Fermo, L’Aquila, Macerata, Perugia, Rieti, Termo e Terni, per la illustrazione del libro Autobiografia di una ricostruzione di Giovanni Pietro Nimis.

[…] L’idea non fu mai quella di riprodurre la vecchia Gemona. Di tentarne una copia. Il ferrigno dell’antico centro, la sua consistenza stilistica. La sua semantica, nel corso dei secoli, si era caricata di troppe valenze per poterla ripetere. Necessario porsi un diverso obiettivo. Come pure non cedere il passo al post-moderno, fine a se stesso, cui il cemento armato, ipocrita e amorfo, era pronto a piegarsi ad ogni originalità. Mi ero convinto che il tempo straordinario, fluido, eccezionale, del dopo catastrofe non fosse propizio per sollecitare grandi capolavori esteticamente conclusi, necessariamente arbitrari, scollegati e dissimili, nel delicato frangente. Al contrario ritenevo opportuno configurare un contesto quanto più possibile neutro, normale, sul quale la comunità, tornando alla vita, potesse infondere la propria autentica fisionomia, attraverso l’evoluzione spontanea nel tempo. A questo fine la mia iniziale proposta era stata il non finito: una ricostruzione interrotta a prima delle finiture: Fermarsi alla parti essenziali dell’organismo urbano, alla sola agibilità interna dei suoi volumi edilizi, rimandando a tempi più lunghi le opere non necessarie, né urgenti. Così non fu fatto perché la legge del finanziamento pubblico pretendeva che i lavori fossero interamente conclusi (la burocrazia intralcia sempre il buon senso). Dunque per salvarsi dall’impatto surreale del “tutto nuovo” si è dovuto attendere che il suo effetto si riducesse spontaneamente con gli anni, come poi in buona parte è avvenuto. […]

Berlino 24 novembre 2019: La ferita terra, Istituto Italiano di Cultura.

[…] Nella storia l’origine dei terremoti è stata oggetto di varie ipotesi. Dopo il terribile sisma calabrese del 1783, si scontrarono due orientamenti: da una parte i fuochisti che credevano in fuochi vulcanici (o in reazioni chimiche nelle rocce sottostanti), dall’altra gli elettricisti che pensavano a enormi scariche elettriche, per lo più sotterranee. Oggi sappiamo tutto sul perché e anche sul come e sul dove dei terremoti. Quello che non sappiamo è sul quando possono accadere. Sul quando siamo fermi ai segni e alle premonizioni di cui discutevano nel Settecento: aria pregna di esalazioni che offuscano la vista; nuvole lunghe, bianche, che poi diventano rosse; venti impetuosi che si levano improvvisi e subito cessano; acqua torbida nei pozzi… Tutti segni veri, comunque talmente imminenti da non essere utili ai fini di una previsione organizzata (io stesso la vigilia del sisma friulano del ’76, sorpreso dal colore del cielo, dal caldo pesante, ebbi un presentimento… che trovò facile riscontro il giorno dopo).

Dove siamo andati avanti invece è nella possibilità di conoscere le caratteristiche dei terremoti prossimi venturi in una determinata località (il tipo di evento, la forza, i tempi di attenuazione). Passare dalla semplice individuazione delle zone sismiche (il “modello sismo-tettonico”) alla classificazione delle zone come sorgenti di sismi (il “modello sismo-genetico”), ci ha resi capaci di avviare perfino una strategia difensiva mediante l’attribuzione ai rispettivi luoghi il grado di sforzo che vi si dovrà eventualmente sopportare. E tutto ciò misurando e studiando la vulnerabilità dei territori attraverso l’analisi degli effetti dei disastri avvenuti nel tempo. Del resto è evidente che un sistema urbano sopporta le sollecitazioni in proporzione inversa alla sua fragilità, come è ovvio che questa fragilità dipende dall’epoca di costruzione dei manufatti, dalla tipologia strutturale degli stessi, dalla loro forma geometrica. E non si può dire che il concetto sia nuovo se un’ordinanza dell’imperatore Traiano, attorno al primo secolo d.C., prescriveva per gli edifici un’altezza massima di sessanta piedi; e se nella nuova Lisbona, dopo il grande terremoto del 1755, l’altezza massima dei fabbricati era limitata a tre piani. D’altra parte Francesco Milizia nel 1781, nel suo Principi di architettura civile suggeriva che l’altezza di una costruzione non eccedesse mai la larghezza o la lunghezza dei lati di base, affinché il centro di gravità vi restasse sempre contenuto. […]

Recensioni

Del libro Terre mobili, Dal Belice al Friuli, dall’Umbria all’Abruzzo di G.P. Nimis, Donzelli Editore, Roma 2009, hanno scritto:

Paolo Medeossi sul “Messaggero Veneto” del 30 luglio 2009

la redazione su “il Riformista” del 9 luglio 2009

Roberto de Marco, ex direttore del Servizio sismico nazionale, su “left” 27 del 10 luglio 2009

Barbara Liverzani su “Il Salvagente” del 16-23 luglio 2009

Francesco Erbani su “la Repubblica” del 7 agosto 2009

Giuliano Di Tanna su “il Centro” del 7 settembre 2009

Paolo Berdini su “il Manifesto” del 30 settembre 2009 (più un’intervista il 23 luglio 2009 a cura della redazione)

Romano Vecchiet su “La Panarie” n. 165 del 2009

Ilaria Giarfagana sul ”Messaggero Veneto” del 26 novembre 2009

Luciana di Mauro e Nadia Tarai su ”Leggendaria”, n. 81/2010

Paolo Mastri, intervista pubblicata su “Abruzzo in movimento”, I Quaderni (L’Aquila ricostruzione e rinascita n. 1/2011).

Intorno a L’Aquila segnalo alcuni miei articoli sul “Messaggero Veneto” del 30 giugno 2009, su ”La Panarie” n. 170/2011 e su “Rassegna tecnica del Friuli-Venezia Giulia” del settembre 2016.

Di Terre mobili si è parlato durante la partecipazione dell’autore a “Le storie, Diario italiano” di Corrado Augias [TV/RAI 3, ore 12,45] del 6 ottobre 2009, a “Linea notte” [RAI 3, 24,00] del 12 ottobre 2009, e a “Faharenheit” [RAI 3, ore 15] del 22 ottobre 2009.

Sulle opere letterarie di G.P. Nimis hanno scritto:

Maria Carminati su “Grafemi”, n. 1/1998

Mario Turello su “Grafemi” n. 2/1999 e sul “Messaggero Veneto” del 23 luglio 2000, del 20 dicembre 2004, del 18 maggio 2006, del 6 maggio 2008)

Antonella Sbuelz su “il Nuovo (FVG)” del 19 novembre 2004 e del 25 maggio 2006 e su “La Panarie” n. 157 del 2008 e n. 179 del 2013

Domenico Cerroni Cadoresi su “Il Friuli” dell’8 settembre 2006

Gianfranco Ellero su “Il Gazzettino” del 15 settembre 2006

Franco Foschi sul n. 73 di “Tratti, foglio di letteratura e grafica da una provincia dell’impero”, nell’autunno 2006

Marina Giovannelli su “il Nuovo (FVG)” del 18 aprile 2008

Guido Leotta ancora su “Tratti”, n. 85/2010

Licio Damiani sul “Messaggero Veneto” del 26 novembre 2011

Paolo Medeossi sul “Messaggero Veneto” del 7 maggio 2019.